La chiesa campestre di Sant’Antonio da Padova fu edificata nel 1664 per opera dei coniugi Grissante Satta e Giovanna Maria Dessì nell’altopiano di “Sa Sedda de Basilocu”.
Il santuario è formato dall’unità principale, ossia la chiesa vera e propria, e da piccoli alloggi per pellegrini, in sardo muristenes, disposti a semicerchio a delimitare la chiesa. L’edificio religioso è strutturato in un’unica navata centrale e il presbiterio, rialzato di due gradini, ospita un altare ligneo del Settecento. Le mura sono in pietra, la facciata è molto semplice e realizzata con blocchi di granito. La chiesa è dominata dall’alto da un campanile a vela.
La festa di Sant’Antonio e su camminu de Santu Antoni
Il santuario ha sempre ricoperto una grande importanza nella vita di Austis soprattutto in occasione della festività dedicata al Santo. Oggi il santuario si raggiunge attraverso una strada asfaltata ma in tempi più remoti l’unica via percorribile era una stradina sterrata che, solcando i verdi pascoli arrivava al ruscello ai piedi della piana di Arelò per poi inerpicarsi nel paesaggio roccioso di “Locortei”. La strada oggi è stata ripristinata e valorizzata con il nome di cammino di Sant’Antonio, in sardo “su camminu de Santu Antoni”. In tempi antichi, e fino agli anni ‘50, il cammino si faceva sul dorso di un asino, a piedi e in alcuni tratti anche in ginocchio come penitenza e redenzione nei confronti del Santo.
La festa di Sant’Antonio da Padova era anche il momento in cui le coppie si presentavano ufficialmente alla società e facevano la loro prima uscita “pubblica”. In occasione dei festeggiamenti si restava nel santuario per nove giorni a pregare e festeggiare con balli e musica tradizionale. Il giorno esatto della ricorrenza si faceva la messa e la processione che era caratterizzata da 3 giri, a piedi e a cavallo, attorno al santuario. Fino a metà dell’ottocento, la festa si svolgeva il 13 Giugno, come da calendario, ma poi fu spostata alla terza domenica di Settembre per far in modo che pastori e agricoltori potessero partecipare alle celebrazioni senza gli impedimenti lavorativi che a giugno li portava nella vallata di Ghea.
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